Siamo nel pieno di una guerra.
Tappiamoci gli occhi, neghiamo l'evidenza, ma ci siamo dentro fino al
collo. Ed è una guerra tra poveri. Poveri che per una generazione si
sono illusi di avere svoltato, di essersi messi alle spalle
difficoltà e stenti.
Abbiamo conosciuto il benessere. Carne
a tavola un giorno sì e l'altro pure, l'auto nuova, vestiti firmati
e l'ultimo modello di smartphone. Facciamo i conti con decenni di
appagamento dei sensi e di ogni capriccio. Tornare indietro diventa
problematico, se non addirittura impossibile. Decadenza. Chi lo
spiega a giovani cresciuti tra feticci e status symbol che niente
sarà più come prima?
Le periferie bruciano, è caccia al
diverso, allo straniero. Si cercano facili colpevoli. Ci rubiamo
tutto, finanche la casa. Fotti o sarai fottuto. Siamo in competizione
per lavori senza futuro, spesso senza nemmeno la gratificazione di
uno stipendio. Sopravviviamo in mezzo a veleni e maleducazione,
ruberie e corruzione, violenza e degrado.
Chi dovrebbe trovare le soluzioni per
questo letamaio si trastulla tra salotti televisivi e cinguettii. Lo
scaricabarile è sport che contempla in Italia svariati campioni
mondiali, ciechi nel loro narciso compiacimento. Il virus contagia
tutti, anche chi doveva portare una ventata nuova. Quale sarà il
nostro futuro?
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