domenica 16 settembre 2012

Fine di un'epoca...

Un giorno ha deciso di chiudere e non me ne sono nemmeno accorto. Impensabile per un appassionato come me. Però è pur vero che negli ultimi anni frequentavo sempre meno questo posto che ha giocato un ruolo importante nello sviluppo della mia cultura musicale.

Sto parlando di un negozio di dischi, uno degli ultimi che ancora resisteva a Palermo. Lontano dalle grandi direttrici dei competitors multinazionali. Una nicchia figlia di un passato che non ne voleva sapere di accostarsi al digitale, alla freddezza dell'mp3, all'isolamento di un iPod sempre acceso.

La "Boutique della Musica" di via Terrasanta a Palermo ha chiuso definitivamente i battenti pochi mesi fa, intorno a maggio. Aveva aperto i battenti nel 1962 e il suo cinquantenario ha anche segnato il suo epitaffio. D'altronde posso anche capire le motivazioni: resistere al digitale, e alla grande distribuzione, per non parlare del commercio via web, è diventato praticamente impossibile. A maggior ragione in una città come Palermo, già vittima di mille difficoltà, economiche in primis.

Questo negozio era una piccola oasi nella quale andavo a calmare la mia sete di conoscenza musicale, soprattutto a cavallo tra la fine degli anni 90 e i primi anni 2000. Fu tra le sue mura che accrebbi la mia conoscenza del Progressive, genere al quale mi sono accostato proprio in quegli anni e di cui il negozio in questione era sempre fornitissimo. Chicche come Hatfield and The North, Egg, Matching Mole, McDonald & Giles, in anni in cui il commercio su internet era solo una bella utopia per noi comuni mortali, si potevano recuperare solo lì, grazie alla competenza e alla passione del signor Taormina. Per non parlare dei miei primi King Crimson ed Emerson Lake and Palmer. "In The Court Of The Crimson King" di sua Maestà Fripp e soci, e "Tarkus" del magnifico supergruppo, me li sono ritrovati tra le mani per la prima volta proprio curiosando tra quegli scaffali. Come dimenticare la splendida copertina di Barry Godber che minacciosamente faceva capolino tra un album dei Jethro Tull e il mitico quarto dei Led Zeppelin? O lo strano animale ritratto su quel magnifico vinile che adesso riposa mansueto all'interno della mia collezione?

La chiusura di questo luogo di cultura è un'ulteriore mannaia che si abbassa sul capo di una massa irrimediabilmente omologata, dove la musica è sempre più sottofondo e sempre meno ascolto attento e dettagliato. Hanno vinto i non-luoghi dei grossi negozi dove si può trovare tanto a prezzi competitivi, ma non tutto. Dove non esiste quasi più la figura del commesso che ti guida e ti consiglia, in un continuo interscambio di conoscenza. Ha vinto il commercio via internet che abbatte i costi e di conseguenza vincerà sempre. Ma l'esperienza che si poteva vivere nei piccoli negozi indipendenti non potrà mai essere eguagliata e mi ritengo fortunato ad essere stato uno degli ultimi a poterne usufruire.

Passare davanti a quel negozio e non vedere più quella insegna che da 50 anni resisteva implacabile mi procurerà sempre un po' di nostalgia. Nostalgia di un tempo e di un'epoca defintivamente tramontati.


venerdì 10 agosto 2012

Povere bestie, povera Italia



Nel composito bestiario (e qui non usiamo un termine a sproposito) che popola gli scranni del Parlamento italico balzano agli onori della cronaca nuovi protagonisti. Gli ultimi scampoli di legislatura regalano perle inaspettate (?), lampi di luce che squarciano le nostre giornate rese cupe da inflazione galoppante e stipendi sempre più magri (per quei pochi fortunati che ancora possiedono una busta paga).
L'ultimo, in ordine di tempo, è il senatore Giuseppe Astore, molisano, ex Idv adesso al gruppo Misto. A prima vista il solito cambio di casacca, un altro parlamentare che ha tradito il mandato dei suoi elettori. Che poi ripensandoci bene, ha tradito solo il corregionale Di Pietro, che a Roma lo ha paracadutato, visto che con il porcellum gli elettori non hanno più nemmeno il piacere di indicare la propria preferenza per questo o quel candidato.
Stiamo divagando, torniamo al senatore Astore. Che è piccato, seccato, quasi indignato. Gli tocca lavorare il lunedì. E no, non va bene. Dopo le fatiche del weekend, lavorare il primo giorno della settimana è immorale.
Non sono mica bestie, i parlamentari. Siamo d'accordo con lui. Sono piuttosto comici, specialisti della boutade, professionisti della burla. E certo Astore non vuole essere da meno di altri che prima di lui ci hanno deliziato, spargendo perle di saggezza nel solco di Scilipoti e Borghezio.
Gli tocca pure pagare qualcosina di più al desco di Palazzo Madama, dopo che lo scandalo dei prezzi dei menù al ristorante dei parlamentari ha provocato un ritocco al rialzo. Svuotando addirittura i tavoli, a quanto dice Astore. Poveri parlamentari, probabilmente tagliano le spese anche loro perché non riescono ad arrivare a fine mese. Sono questi i problemi dell'Italia. Mannaggia ai giornalisti impiccioni che non si fanno mai i fatti loro.

venerdì 3 agosto 2012

Aridaje! Ma allora sei de coccio!!

L'eco delle dimissioni di Raffele Lombardo risuona ancora tra le assolate strade siciliane e già qualcosa si comincia a muovere per il futuro prossimo. Ormai è deciso: il 28 e il 29 ottobre si andrà alle urne per scegliere il nuovo presidente regionale e formare la nuova Assemblea.
Sarà Ulisse, "divino dal multiforme ingegno" (portatore di caldo supremo, aggiungerei io...); sarà che si vuole evitare di far la figura dell'avvoltoio che banchetta tra i resti di una carcassa ancora calda, benché in stato di avanzata decomposizione ormai da mesi, se non addirittura anni; sarà che ormai siamo ai primi di agosto per cui le ferie sono lì che ti aspettano e magari nemmeno bussano ed entrano sicure come la primavera che ci decantava il poeta; insomma sarà quel che sarà ma ancora nessuno tra i leader politici siciliani ha espresso apertamente la propria candidatura allo scranno lasciato vuoto da Lombardo.

Non manca però il primo sondaggio sulle intenzioni di voto dei siciliani (indagine che potete leggere QUI). E indovinate un po' quale sarebbe al momento il primo partito dell'Isola? Ma il Movimento per le Autonomie di Lombardo stesso, cari signori! E' vero, si tratterebbe di un pur misero 16 per cento che, politicamente, non garantirebbe l'elezione al rappresentante del partito in questione (con tutta probabilità il delfino Massimo Russo....), però è un dato che dice molto della natura di chi lo ha prodotto.

In pratica l'autoctono siculo, nonostante quattro anni e passa in cui ha visto la propria regione cominciare a scavare dopo aver toccato il fondo nell'esperienza Cuffaro, e nonostante i continui rimpasti di giunta e le nomine impartite a destra e a manca senza alcuna vergogna e da perfetto conoscitore del manuale Cencelli, continuerebbe a dare la propria preferenza a chi lo ha portato verso questo Profondo Rosso.

Attenzione, da questo marasma non sono esclusi nemmeno i due partiti che seguono nelle preferenze di voto, vale a dire il Partito Democratico e il Popolo della Libertà.
Il primo è arrivato anche a sacrificare quel minimo di credibilità sull'altare del più bieco trasformismo. Infatti, dopo aver concorso da avversario alla poltrona di Palazzo d'Orleans ha deciso di stringere alleanza proprio con chi aveva disprezzato e combattuto fino al giorno prima, salvo poi tornare sui propri passi quando la barca ha cominciato ad affondare.

Ma questo al siciliano medio non importa nel momento in cui mette piede dentro la cabina elettorale. Abile come pochi nell'arte del  mugugno, subisce gli effetti di un non meglio precisato campo magnetico prodotto dalle schede elettorali che porta la matitina in dotazione a porre la X sempre su quei 4-5 partiti che fino a due ore prima continuava a sbertucciare pubblicamente, lamentandone l'ignavia e l'inutilità. Però, sapete com'è: di fronte a tutti quei simboli scattano ancestrali paure. "Mmmmm....unn'è ca puozzu vutari pi comunisti, no?", pensa lo scrutatore stavolta votante, arrovellandosi il gulliver. "E puoi chi cuosa è stu Movimento cincu stelle? Grillo parra parra ma è come l'avutri", continua il nostro amico mentre avverte i primi effetti da campo magnetico qualunquista. "E Di Pietro? Chiddu iecca vuci ma un sapi parrari mancu in italiano. E puoi picchì un s'arristava a fari u magistratu?". A questo punto tutte le ipotesi sono scartate e il siciliano si sente più tranquillo. Può apporre senza rimorsi la X sempre sui soliti noti. Tanto si sa, il voto è segreto! E poi se qualcuno ti dovesse chiedere...."Io???? Un c'ha vutatu mai pi chiddu!!".

martedì 31 luglio 2012

Bye bye Raffaele

E' stato di parola. Aveva annunciato le sue dimissioni il 31 luglio, e oggi Raffaele Lombardo ha lasciato la presidenza della Regione Siciliana. Cosa resta di quattro anni abbondanti di legislatura? Un paio li ho seguiti attivamente per lavoro, gli ultimi da spettatore lontano ma interessato. Un'idea me la sono fatta, non necessariamente originale. Lo hanno chiamato "il grande divisore". Il pezzo di Salvo Toscano su LiveSicilia la dice lunga su quello che il leader dell'Mpa ci lascia in eredità. Confusione, politica e non. L'ex governatore siciliano non si è fatto mancare niente. Ha sfasciato l'alleanza di centrodestra che lo ha portato a Palazzo d'Orleans, ha messo contro il Pdl e l'Udc prima, Miccichè e i berluscones poi, ha diviso il Partito Democratico (impresa in realtà nemmeno tanto difficile da compiere). Tutto in un crescendo che ha lasciato sul campo morti e feriti. Compreso lui, il presidente della Regione. Inutile negarlo. Quella che all'inizio era stata la sua forza, alla fine si è trasformata in un'arma a doppio taglio. A furia di rompere e riaggiustare, i pezzi si sono talmente frammentati che a Lombardo la colla non è più bastata per rimetterli insieme. Abbandonato anche dallo stato maggiore del suo stesso partito, perso in un vortice grottesco di nomine, nel valzer di assessori (più di trenta in totale), dirigenti e consulenti, Raffaele ha perso la bussola naufragando rovinosamente. Serve poco gridare al complotto, in quattro anni poco o nulla è stato fatto per l'Isola. La Sicilia, intanto, sprofonda. Ad ottobre si torna a votare.

martedì 24 luglio 2012

Il segno dei tempi

Palermo. Nove e trenta del mattino circa. Esterno giorno.
L'auto si avvicina al semaforo. Rallenta e piano si ferma. Il rosso è appena scattato. Lei è seduta su un piano rialzato del marciapiede. Sembra la classica donna diretta al lavoro. E' vestita bene, truccata con garbo. Si alza e si avvia verso le strisce pedonali.
Di colpo, quasi seguendo un moto interiore improvviso, si gira di scatto e si accosta alla prima auto. L'espressione leggermente spaesata dà l'impressione di chi voglia chiedere un'informazione. Ma così non è. Sin dalle prime parole l'inconfondibile accento palermitano denota la provenienza autoctona della donna, pur senza avere un'inflessione marcata ed esprimendosi in un italiano abbastanza corretto.
Ma a sorprendermi di più è la sua richiesta all'automobilista. Testualmente: "Ho perso il lavoro, non avrebbe una piccola offerta da farmi?". La sorpresa si mescola allo stupore e si dipinge sul mio volto. L'apparenza di una donna in carriera ha lasciato spazio a una delle tragedie del nostro tempo: la perdita del lavoro e la mancanza di possibilità alternative in un mercato immobile.

Si capisce che è la disperazione a spingerla a tanto. Infatti, subito dopo il primo rifiuto non chiede nemmeno alle auto che seguono, ma torna a sedersi, stringendo i pugni, sul piano rialzato del marciapiede. L'espressione è contrita, la rabbia è mal celata, e le lacrime sembrano già fare capolino. Eppure non si scioglie in un pianto. Mantiene la sua dignità fino in fondo. Ma si vede che ha dovuto umiliarsi, e pure tanto, per arrivare a chiedere l'elemosina a un semaforo. Infatti tiene costantemente il viso girato dalla parte opposta alle auto in colonna, quasi ad evitare gli sguardi dei conducenti che sicuramente sente addosso.

Torna il verde, mi allontano con l'auto, ma quella brutta sensazione di un film che presto dovrò abituarmi a vedere più spesso non mi ha abbandonato. E tutto questo accade mentre chi dovrebbe avere a cuore i problemi della nostra Regione e del nostro Paese continua a giocare con milioni di euro di disavanzi di bilancio, con tagli indiscriminati ai servizi pubblici e una pressione fiscale che aumenta a dismisura. Quasi come se avessero un grandissimo Monopoli col quale divertirsi e non la responsabilità di milioni di vite.
Viene da ripensare alla frase di Mussolini, pronunciata poco prima della Seconda Guerra Mondiale: "Mi serve qualche migliaio di morti per sedermi al tavolo dei vincitori". In questa "guerra" senza eserciti e senza cannoni, quanti ne pretendono i tecnocrati della vecchia Europa?

venerdì 20 luglio 2012

Tele-Camere


Guardate il volto di quest'uomo, la sua espressione compiaciuta. E' il paradigma di ogni politico, in orgasmo sensoriale davanti a microfoni e telecamere. Osservatelo poi nella sua tracotante spocchiosità, donatagli dalla sicurezza che, come disse l'immortale Marchese del Grillo, lui è lui e noi non siamo un cazzo. Forte della presunta simpatia donatagli dall'imitazione fiorelliana e della scorta che lo protegge non si sa bene da quale pericolo incombente, insulta Mauro Fortini, personaggio ormai noto per essere il "disturbatore che non disturba", la nemesi dell'invadente Gabriele Paolini. Lo etichetta come "rompicoglioni", uno che fa un mestiere inutile e non dignitoso.
Premesso che forse sarebbe il caso di chiedere a La Russa qual è l'utilità sociale del suo mestiere (essendo uno dei principali esponenti di una categoria che dello sfascio del nostro Paese è la causa primaria), preferiamo però sorvolare perché non vogliamo  cadere nel qualunquismo spicciolo.
Quello che ci preme sottolineare è il comportamento dei giornalisti. Che continuano a mettere il palcoscenico a disposizione di certi personaggi. Una volta, una, tutti insieme, si potrebbe dare un segno. Abbassare i microfoni, spegnere le telecamere, salutare educatamente e lasciare lì il La Russa di turno. Così, per solidarietà al collega maltrattato o al Fortini insultato (che immagino dopo anni di apparizioni televisive davanti a Montecitorio conosca uno per uno tutti i cronisti parlamentari). Giusto per fare capire agli "onorevoli" che la loro utilità e legittimità sociale si esaurisce ogni volta che non compaiono in un tg o in un salotto televisivo e che loro sì, senza una telecamera che li riprende, non sono un cazzo. Perché un giornalista, se vuole, un'altra storia da raccontare la troverà comunque. Chissà che allora La Russa, e gli altri come lui, non comincino a fare Politica.

giovedì 12 luglio 2012

Il profumo dei soldi


C'era nebbia. Nonostante questo, ricordo bene il giorno in cui sono sbarcato a Milano. Non che sia passato poi così tanto tempo, solo un anno e mezzo, ma è uno di quei momenti della vita che penso ti porti dentro per sempre. Il giorno in cui abbandoni tutte le tue sicurezze e provi a fare un salto nel buio. Quel venerdì di gennaio a Linate faceva freddo e, nella migliore delle tradizioni meneghine, al crepuscolo si accompagnava quella nebbia che fa tanto stereotipo milanese. Ma tant'è.
Non era il primo impatto con la grande metropoli, nel corso dell'anno precedente avevo già effettuato due soggiorni. La prima volta ero atterrato a Malpensa e, nel tragitto in pullman dall'aeroporto alla stazione centrale, tutto quello che vedevo mi stupiva per le dimensioni. Esagerate. Poi, man mano che mi avvicinavo al centro cittadino, sentivo sempre più forte il profumo di soldi. Quelli che noi a Palermo chiamiamo piccioli, per i milanesi danè. È strano a dirsi ma ho come avuto la sensazione che lì tutto fosse diverso. Che i soldi ci fossero. Era tutto troppo grande. I capannoni industriali, le strade, persino le campagne, piatte così piatte che ti danno la sensazione di non avere una fine se guardi verso l'orizzonte. E poi le insegne della città, i palazzi. Sedi di grosse multinazionali una di seguito l'altra. Certo poi, quando conosci la città, la vivi e prendi contatto con la realtà, capisci che quelli che hanno i piccioli sono ben pochi rispetto alla moltitudine della gente che tira a campare con stipendi che a malapena arrivi a fine mese. C'è pure chi tutto quello che guadagna lo spende solo per il gusto di bruciare la vita, tra vestiti e bevute, conducendo un tenore di vita che non potrebbe sostenere, tanto magari poi aiuta papà. Sì, proprio come succede a Palermo.
Resta il fatto che il profumo dei piccioli a Milano lo senti. L'ho sentito la prima volta che sono atterrato a Malpensa, l'ho sentito quando mi sono trasferito definitivamente l'anno scorso. Che poi uno i soldi a Milano riesca a farli, beh, questo è un altro discorso. Un corto circuito che, prima o poi, fisserò tra le pagine di questo blog. Mi incammino, nel frattempo, con la mia valigia verso l'ignoto.

sabato 7 luglio 2012

I soliti accordi


Lasci la tua terra amata. Un amore non ricambiato, perché lei ha fatto di tutto per farti volare via. Pensi che un giorno tornerai, che le cose possano cambiare. Peccato che in Sicilia ci siano i siciliani. E i siciliani non imparano. La crisi qui non c'entra, la crisi in Sicilia non ci può essere, perché la mancanza di lavoro e di piccioli da noi c'è sempre stata e sempre ci sarà.
Regione di mala sventura. Regione con la R maiuscola, e non solo perché la parola è posta all'inizio della frase. Come disse una giovane vedova nel 1992, loro non vogliono cambiare. E non ci riferiamo, non ci limitiamo ad indicare gli affiliati alle cosche mafiose, ma pensiamo a tutto quel substrato nel quale la mentalità mafiosa prospera, a quei protagonisti delle cronache siciliane che tutto fanno e disfanno, che se ne fottono di tutto e di tutti e continuano a dare onori e prebende alla loro misera corte.
Affamati. È corsa alla poltrona, alla consulenza, allo strapuntino. Un posticino dove posizionare l'amico o l'amico dell'amico si trova sempre. E i siciliani vedono il carro pieno di tesori correre, sempre più lontano, e gettare loro le briciole, che non bastano per tutti. Non bastano nemmeno a loro, gli amici e gli amici degli amici, sempre più affamati.
Quando i siciliani smetteranno di essere sudditi? Ma loro non vogliono cambiare.

mercoledì 6 giugno 2012

Ri-Partenza

Un termine calcistico-sacchiano per indicare un nuovo inizio. Anzi, l'Inizio. Con la maiuscola. Diciamo che fino a questo momento siamo stati impegnati con le prove tecniche di trasmissione.


Per cui....beccatevi sto monoscopio!!!





domenica 4 marzo 2012

Caro Lucio, ti scrivo…..

 
Avevamo pensato a diverse maniere per presentare questo nuovo blog. Post di saluto, di introduzione, insomma le solite cose che si programmano in questi casi. Ché la nascita di uno spazio, qualunque esso sia, è come l’inaugurazione di un luogo di lavoro. Ci tieni che tutto sia fatto nel migliore dei modi e che nulla venga lasciato al caso.

Ma il caso, vuoi il fato o il destino, o una delle migliaia di definizioni con cui viene etichettata l’imponderabilità della vita, ha deciso per noi. Lo ha fatto nel momento in cui ha chiamato a sé uno dei più grandi artisti della musica italiana in assoluto: Lucio Dalla.

Il cantautore bolognese ha segnato un pezzo della vita di ciascuno di noi, è inutile negarlo. Difficile, se non impossibile, trovare qualcuno che non sappia mettere in fila qualche verso di almeno due canzoni di Dalla. E allora ci sembra giusto iniziare così, con il nostro saluto a un numero uno. Più che un semplice cantautore, un poeta, uno sperimentatore, un talent scout. Ma soprattutto un uomo sempre modesto, mai al di sopra delle righe, e disponibile a scambiare una parola anche con chi lo ha sempre guardato con disprezzo. Un grande. Perché i grandi si riconoscono anche da questo, dal livello di umanità e di modestia che riescono a mantenere. Anche quando il successo si fa enorme e, per qualcuno, difficile da gestire. In un mondo dove basta apparire per 15 minuti affinché ci si atteggi a superstar, lui era una piccola eccezione.

Ciao Lucio, ci mancherai. Adesso basta parole. E’ ora di mettersi in silenzio ad ascoltare.

Domenico & Salvo