martedì 13 gennaio 2015

Noi fragili giornalisti

Appartengo a una delle categorie più bistrattate d'Italia, quella dei giornalisti. Stretta tra l'incudine della crisi dell'editoria e il martello di chi pensa che il lavoro intellettuale non debba essere pagato. Perché a scrivere siamo buoni tutti, basta avere un pc (o un tablet o uno smartphone), una connessione, qualcosa da dire. Poco importa se poi si scrivono castronerie, bufale, notizie non verificate, peggio ancora diffamatorie.

Scribo ergo sum. Restiamo aggrappati alla libertà di espressione sancita dall'Articolo 21 della Costituzione italiana, quello stesso sacrosanto diritto che ci fa dire #jesuischarlie ma che contemporaneamente permette a sconsiderati senza cervello di straparlare. Ultimo inquietante caso i commenti alla notizia della malattia di Emma Bonino, anche lei appartenente ad una casta, e per traslato per molti idioti meritevole di morire tra atroci dolori. Possa così espiare le sue colpe.

Siamo una casta. Abbiamo il potere di informare, di influenzare opinioni. Anche quando siamo pagati tre euro lordi a notizia. Perché tanto se non accetti di scrivere tu per quelle cifre lì, ci sarà sempre la fila di ragazzini alle prime armi pronte a farlo al posto tuo, pur di prendere l'agognato tesserino, pur di vedere la loro firma su un giornale, fosse anche il blog più scalcinato.

Il lavoro si paga, soprattutto quello intellettuale. Non di soli operai, artigiani e idraulici può sostenersi un Paese. I direttori e le grandi firme si fanno belli in tv, loro sì una casta che parla a vanvera di precariato, mentre migliaia di collaboratori sfruttati riempiono i loro giornali lavorando dalla mattina alla sera sette giorni su sette. E con i giornalisti anche tutti coloro che per mestiere lavorano nel campo della comunicazione e dell'editoria. Ultima ruota di un carro che senza di loro però sbanderebbe, finendo nel fossato.

Non abbiamo diritti, nei giornali non troverete mai la nostra voce, le nostre lamentazioni. Troverete solo quelle degli altri lavoratori, spesso sacrosante, cui facciamo da megafono. E mentre ne scriviamo, mentre vi raccontiamo, pensiamo a noi, che non possiamo pagare l'affitto, le bollette, che dipendiamo economicamente da qualcun altro, mamma e papà, o il nostro partner. Su di noi il silenzio, l'indifferenza. Veniamo tacciati di essere dei pennivendoli, schiavi degli editori. È vero, spesso è la realtà, ma sfido voi ad essere liberi di pensiero se prima non siete liberi di portafoglio. La dimensione romantica della professione è finita da decenni. Tante volte penso che siamo come quei ragazzi che lavorano nei call center, costretti a fregare la gente pur di portare a casa la pagnotta. Se ci ribelliamo ci ritroviamo con un pugno di mosche, non importa quanto bravi possiamo essere. E rischiamo che attorno ci sia fatta terra bruciata.

Il lavoro si paga, non siamo una casta. Ma all'esterno tanti pensano che noi lo siamo. Paghiamo lo scotto della nostra incapacità di fare capire che per scrivere, raccontare, informare, serve un filtro, che solo un professionista può fare. Non ci si improvvisa giornalisti o comunicatori, non si può fare affidamento solo sul proprio talento, per molti solo presunto, velleitario.

Mi stanno bene i blog. Adoro leggerli, scrivo sui blog dal 2006. Penso che molti blogger siano più in gamba di tanti sedicenti giornalisti. Il citizen journalism è una fonte inesauribile di notizie. Ma nel marasma della Rete girano troppe porcate non verificate, si dà spazio a tutti indiscriminatamente. Vige la logica del click, non della veridicità. La stessa formula l'abbiamo applicata a tv e carta stampata, la cui qualità scende di pari passo al dilettantismo dilagante.

Brutte notizie arrivano dalla mia amata Sicilia. Ecco così che il notiziario di Tgs, uno dei più visti dell'isola, mette in cassa integrazione dimezzata tecnici ed operatori, lasciando senza lavoro tredici persone, e taglia le collaborazioni ai giornalisti. Tutto affidato a un service esterno che confezionerà servizi a basso costo con un solo collaboratore. Rinunciare a figure professionali di alto profilo appare una logica sconclusionata figlia di un progetto editoriale che non esiste. Le alte sfere di via Lincoln probabilmente dovrebbero capire che è arrivato il momento di passare la mano a qualcun altro. Siamo nel 2015, un telegiornale solo “letto” senza servizi e con autoproduzioni di qualità mediocre è totalmente fuori dal mercato.

Ecco così che un assessore regionale si sente libero di cercare su facebook un addetto stampa “rigorosamente”, tiene a specificare, a titolo gratuito. Salvo poi scusarsi, cancellare il post e dire che era tutto uno scherzo. Spero scherzassero anche i colleghi, o aspiranti tali, che si erano già proposti al ruolo. Tutti pronti ad una vita spericolata certo. È senza dubbio spericolato lavorare anche sedici ore al giorno gratis (l'addetto stampa di un politico credo sia uno dei lavori più usuranti che ci siano, sei reperibile 24/7) e nonostante tutto riuscire a sbarcare il lunario.

Si fa presto a dire casta.

Nessun commento:

Posta un commento